venerdì 10 maggio 2013

Destra-sinistra o nuove forme di rappresentanza



Il fallimento drammatico del PD non è così diverso nelle dinamiche da quello dei tanti centro-sinistra del secolo scorso: non si tratta di qualità delle proposte (peraltro inconsistente), quanto di conflittualità tra diverse anime che lo compongono. La carica dei 101 (quelli che non hanno votato Prodi) non è stata un'improvvisata. Molti di loro avevano pianificato l'esito che stiamo vivendo molto prima, mentre altri dello stesso partito e nello stesso momento sbandieravano il "cambiamento" per acchiappare voti. Per chi ama chiarezza e trasparenza al momento l'unico auspicio possibile è che il PD concluda in fretta la sua esplosione.

La realtà è che i partiti di sinistra hanno da tempo abdicato ad una visione del mondo "diversa" dal modello unico del capitalismo globalizzato. I più spregiudicati si spingono a timide proposte di mitigazione degli effetti più visibili. Riguardo agli altri, i "liberali" in Italia non sono quasi mai esistiti, e la destra è occupata (da Berlusconi).

L'effetto è un ormai collaudato ed efficientissimo sistema che continua a produrre decadenza del ceto politico e ingovernabilità., mentre l'elettorato va da tutt'altra parte (o sta a casa). Il M5S e l'astensionismo lo hanno dimostrato con chiarezza. L'elettorato sta altrove, e partiti e sindacati, i "corpi intermedi", sono lì a testimoniare la crisi dei modelli di rappresentanza e partecipazione tradizionali.

Il sistema politico e di rappresentanza in Italia così come l'abbiamo conosciuto dal dopoguerra fino ad oggi è di fatto finito. Naufragato nell'incapacità di rispondere a istanze sempre più complesse e nella propria stessa inutile e paralizzante complessità burocratica.
La relazione tra il popolo e le forme di governo è da ricostruire in forme nuove e mai sperimentate.
Di questo sarà opportuno parlare, piuttosto che di gossip di partito.

giovedì 2 maggio 2013

Quello che è successo dalle elezioni di fine febbraio e cosa significa


Quello che è successo dalle elezioni di fine febbraio nella politica italiana sembra privo di senso per gli elettori di sinistra, ma ormai tutti abbiamo capito che un senso ce l'ha.
Anzi ne ha molti. E siccome anch'io cerco risposte, proverò a scriverle per me innanzitutto e per condividerle con chi avrà voglia di leggerle.

I fatti.

1 - per la prima volta dopo molto tempo l'elettorato si era espresso in forte maggioranza a sinistra. Questo è risultato evidente quando il M5S ha espresso via rete le sue preferenze per il Quirinale, indicando personaggi diversi ma sicuramente appartenenti al mondo della sinistra.

2 - i partiti che hanno raccolto quel consenso non sono riusciti a tradurlo in un governo (e in un Presidente della Repubblica) che rappresentasse questa indicazione dell'elettorato. Questo rappresenta un nuovo (forse definitivo) fallimento del sistema di rappresentanza, del "sistema democratico" come siamo abituati ad intenderlo fino ad oggi.

Anche se mi pare più interessante il ragionamento sul sistema, le responsabilità specifiche vanno assunte, e siccome nessuno se le prende, vanno assegnate.

A mio parere il primo responsabile è la dirigenza del PD per questi motivi:
- campagna elettorale vaga e senza obbiettivi specifici, senza "bandiere", senza proposte riconoscibili e chiare (tipo i diritti civili per Hollande in Francia, o l'abolizione dell'IMU per il PdL, per capirci)
- dopo il risultato tatticismo esasperato, tentativo di tenere aperti tutti i tavoli (presidenza della Repubblica, commissioni parlamentari, governo) con il blocco del Parlamento per 2 mesi tra tentativi maldestri di (finti) abboccamento con M5S per acchiappare qualche transfuga
- Bersani sapeva che con lui premier non si poteva avere speranza di creare una maggioranza con il M5S, ma non ha proposto altri nomi, accontentandosi di un mezzo alibi.

Anche M5S ha le sue responsabilità, la più grande delle quali è di non aver fatto i nomi dei candidati premier. Ora si sa che quando salirono al Colle la seconda volta avrebbero proposto a Napolitano i nomi di Settis, Zagrebelsky e Rodotà, ma Napolitano disse no a un premier extra-partiti e quei nomi non uscirono e con la trovata dei saggi il mandato a Bersani non fu mai ritirato. Ma M5S avrebbe dovuto rendere pubblici quei nomi (con il loro accordo, naturalmente), svelando con anticipo quello che poi sarebbe definitivamente venuto allo scoperto con la vicenda dell'elezione del Presidente della Repubblica, e cioè che un governo con M5S non avrebbe mai ottenuto la fiducia dell'intero PD (basta pensare che 101 non votarono nemmeno Prodi). Il prezzo di un governo PD-M5S sarebbe stata la spaccatura del PD stesso.

Questo per quanto riguarda la questione del mancato governo di sinistra, quello il cui esito era uscito dalle votazioni popolari e che non si è realizzato.
Sulla successiva vicenda dell'elezione del Presidente della Repubblica, il "sacrificio" di Marini-Prodi-Rodotà e a cascata il governo Letta non c'è molto da dire. Ormai per tutti è chiaro che ha segnato il fallimento del PD, ha sancito lo scollamento tra la dirigenza e la base e ancor di più la distanza abissale con gli elettori.
L'unico aspetto positivo è che ha fatto chiarezza sul fatto che almeno il 25% dei parlamentari (la "carica dei 101") aveva dall'inizio ben chiaro l'obbiettivo da raggiungere: la continuità, dopo l'esperienza Monti, del governo con il PdL.
Peccato che agli elettori fosse stato promesso altro.

Questo per quanto riguarda i partiti di casa nostra, ma ci sono considerazioni ben più vaste.
Alla prossima.