giovedì 8 settembre 2016

Riflessioni sulla Riforma costituzionale


Quest’estate mi sono dedicato ad approfondire la riforma costituzionale: mi sono preparato un bel malloppo con i testi comparati, una raccolta di opinioni pro e contro, e mi sono studiato il tutto. Non mi andava di votare senza conoscere la materia né di adeguarmi ai cori di favorevoli o contrari “a prescindere”.
Per chi è interessato (in particolare alcuni amici che me lo hanno chiesto) farò in settimana non più di due o tre post riassuntivi sui temi che mi sembrano più rilevanti e quel che penso in proposito.
Premetto però che non parlerò d’altro che della riforma su cui dovremo votare: pro e contro della normativa attualmente in vigore e pro e contro in caso di riforma. Per cui:
- Non parlerò di riforme che avrebbero potuto o dovuto essere, perché in questo contesto è inutile e fuorviante: sul piatto c’è questo, ed è solo su questo che si dovrà decidere.
- Non parlerò di Renzi, Boschi, ecc. perché credo che il referendum costituzionale proponga nuove regole e sia importante per questo, e che non debba essere utilizzato per “mandare a casa” qualsiasi governo (ci sono strumenti diversi e adatti al caso).
- Non parlerò di “tentativi di golpe”, ecc. perché credo che la proposta dalla riforma si collochi nella tradizione democratica e repubblicana e che l’assetto istituzionale proposto sia simile a molti altri sistemi di paesi democratici.

Partiamo per l'analisi della riforma.

I “Principi fondamentali” (art. 1 – 13) e la “Parte 1 – Diritti e doveri dei cittadini” (art. 14 – 54) della Costituzione non sono oggetto della riforma e restano invariati.

La prima parte importante della riforma riguarda la composizione e le competenze del Parlamento (art. 55 – 82).
Si tratta del sistema di formazione delle leggi, quindi dell’abolizione del Senato come camera paritaria e della sua trasformazione in organo di rappresentanza di regioni e comuni, ma anche di altre cose molto importanti.
La situazione attuale, che vede Camera e Senato paritari, ha origine nel fatto che i due schieramenti che diedero vita alla Costituzione, uscendo da un’esperienza come quella del fascismo e non si fidandosi l’uno l’altro scelsero questa via. Un modo per cautelarsi i cui limiti furono immediatamente evidenti (Luigi Sturzo affermò “solo da noi il Senato è un duplicato della Camera”), ma che garantiva entrambi.
Un paradosso è che le due camere, pur avendo le stesse competenze, non rappresentano lo stesso corpo elettorale, dato che l’attuale Senato non è eletto a suffragio universale ma solo dai maggiori di 25 anni (non rappresentando così circa 4 milioni di cittadini). Non ci si pensa mai ma è davvero assurdo e va avanti così dal 1948, in contrasto con l’art. 48 delle Costituzione (“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”) .
Con l’abrogazione dell’art. 58 la riforma pone fine a questa anomalia.
L’attuale sistema di bicameralismo “perfetto” ha avuto costi altissimi per il Paese: ogni volta che un provvedimento di spesa è passato da un ramo all’altro del parlamento ha visto crescere il peso dell’intermediazione dei partiti e altri interessi, incrementare i costi e allungare i tempi, tanto che il meccanismo di formazione delle leggi previsto dall’art. 72 è di fatto inapplicato da decenni (nel 2014 su oltre 4.000 proposte di legge presentate da membri del Parlamento Italiano, solo 26 furono approvate), mentre quello di “proposta di legge popolare” prevista dall’art. 71 è stato applicato in pochissimi casi.

Insomma, il sistema di formazione delle leggi oggi non funziona.

Vediamo ora le principali modifiche proposte dalla riforma.
La riforma propone l’abolizione della parità tra le due camere, l’attuale Senato è sostituito da un nuovo organo formato da rappresentanti eletti nei consigli regionali (74 in proporzione alla popolazione residente) e sindaci (21, uno per regione), più 5 senatori nominati dal Presidente della repubblica. Questo cambiamento si esprime dall’art. 48 ai seguenti.
L’idea del legislatore è di un organo che porti in parlamento la “voce dei territori”, lasciando alla Camera il rapporto di fiducia e di controllo sul Governo. Questo nuovo Senato non interviene su tutte le leggi ma solo su alcune (leggi costituzionali o che riguardano materie particolari, enti locali, trattati UE, e altre specificate dall’art. 70) e può, a maggioranza assoluta, formulare proposte di legge alla Camera.
Il Senato diventa una camera permanente, in quanto i membri sono aggiornati ad ogni elezione dei consigli regionali (i 74 di cui sopra) o delle città (i 21 sindaci). I rappresentanti in fase di istituzione saranno eletti dai consigli regionali, e credo sia giusto così, dato che dovranno rappresentare la Regione che li ha eletti.
Ma la proposta di riforma non riguarda solo il Senato:
- il nuovo articolo 71 introduce novità importanti sugli strumenti di partecipazione dei cittadini: le proposte di legge popolare non potranno essere ignorate ma dovranno essere discusse in modi e tempi certi e regolamentati (le firme necessarie passano da 50 a 150mila);
- l’articolo 71 istituisce anche il nuovo meccanismo del referendum propositivo e di indirizzo;
- il vecchio referendum abrogativo (art. 75) vede una modifica che dovrebbe rendere più difficile la vita a chi spesso lucra sull’astensionismo: con 800mila firme il quorum si abbassa (dalla maggioranza assoluta a quella delle ultime elezioni);
- alla Camera sono posti vincoli di tempi certi nell’esaminare le proposte di legge del governo (art. 72)
- con l’art. 77 si introduce il divieto, per la Camera, di inserire emendamenti che non c’entrano nulla con l’oggetto delle leggi in fase di conversione in legge dei decreti , mentre vengono inoltre inseriti in costituzione i limiti del governo alla decretazione d’urgenza (che finora erano disciplinati da leggi ordinarie).

A mio parere questi aspetti della riforma sono positivi, perché permetteranno iter legislativi più trasparenti e veloci e più facile riconoscimento delle responsabilità.
Molto interessanti le innovazioni che riguardano la partecipazione diretta (referendum propositivo e abrogativo, leggi di iniziativa popolare), strumenti nuovi o potenziati, che la società civile dovrà imparare ad usare al meglio.

Gli aspetti negativi nel merito riguardano alcune situazioni specifiche, come ad esempio i senatori eletti dal presidente della repubblica o la permanenza nel Senato degli stessi presidenti emeriti.
Una critica di forma che condivido è quella espressa da Rodotà sul fatto che la riforma non è un esempio in fatto di scrittura (in senso giuridico). E’ vero, ad esempio l’ art. 70 sulle competenze fa riferimento ad articoli e commi di altre leggi, un vizio che, trattandosi di articoli della Costituzione, doveva essere evitato. Ma va detto che che il Parlamento è intervenuto con mediazioni, emendamenti e riscritture su ben 27 dei 43 articoli del testo proposto dal Governo.
Questo è l’esito e, come dicevo in premessa, su questo dobbiamo decidere.

Titolo II – il Presidente della Repubblica (art. 83 – 91)
Qui non ci sono grandi novità: i poteri e il ruolo del Presidente restano invariati, mentre cambia la modalità di elezione (art. 83): non basterà più la maggioranza semplice dopo il terzo scrutinio, ma sarà necessaria la maggioranza dei 3/5 dell’assemblea (fino al sesto scrutinio) o dei 3/5 dei votanti (a oltranza).
Giudizio: da una parte c’è una certa garanzia che non sarà la sola maggioranza ad eleggere il “rappresentante dell’unità nazionale”, dall’altra, come dire? le cose potrebbero andare per le lunghe…

Titolo III – il Governo (art. 92 – 99)
Anche qui, salvo gli adeguamenti agli articoli precedenti, ad esempio il rapporto di fiducia si stabilisce solo con la Camera, cambia poco. L’unica novità è la soppressione del CNEL (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) organo di consulenza (finito chissà perché in Costituzione) residuato di una legge del 1957 di cui credo ben pochi sentiranno la mancanza.

Titolo IV – la Magistratura (art. 100 – 113)
Qui tutto resta come prima, senza modifica alcuna (chi tocca muore).

Titolo V – le Regioni, le Province, i Comuni (art. 114 – 133)
Questo è l’altro grosso pezzo della riforma che merita attenzione.

Com'è la situazione attuale?
Nel 2001 fu approvata una riforma che ampliava notevolmente le funzioni delle regioni, anche su temi di interesse nazionale. Ricrdate termini come devolution, sussidiarietà federalismo? Bene, gli esiti di quella riforma non sono stati granché:
il contenzioso tra Stato e regioni, generato dall’idea di “legislazione concorrente”, ha praticamente impegnato senza sosta la Corte costituzionale per 15 anni;
l’aumento enorme dei costi della politica nelle regioni;
lo squilibrio di trattamento dei cittadini tra una regione e l’altra, anche su temi cruciali come sanità e assistenza.
Insomma, anche su questo tema molte cose non funzionano e moltissimo ci sarebbe da fare.

La riforma propone una modifica di rotta chiara:
- L’art. 117 è quello più importante, perchè stabilisce le materie che diventano di competenza esclusiva dello Stato (ad esempio “disposizioni generali per la tutela della salute”, “tutela e sicurezza del lavoro”, ”commercio con l’estero”, “infrastrutture strategiche”, ecc.), elimina il ginepraio delle materie oggetto di “legislazione concorrente”, stabilisce una “clausola di supremazia” a favore dello Stato sulle regioni nel caso di necessità di tutela dell’interessa nazionale.
Addirittura l’art. 122 stabilisce in Costituzione che gli stipendi ai consiglieri regionali non possano superare quello del Sindaco del Comune capoluogo della Regione!
In cambio di queste oggettive limitazioni, regioni e comuni trovano una sede di rappresentanza dei propri interessi ed una potenziale “camera di compensazione” nel nuovo Senato (se sapranno farlo funzionare a dovere).
Alcune altri articoli interessanti per diversi aspetti sono:
- L’art. 114 propone l’abolizione di ogni riferimento alle province. Ricordo che ciò non significa l’abolizione degli enti, che continuano ad esistere e lavorare (ad esempio manutenendo le strade e le scuole superiori)
- L’art. 116 non tocca il regime delle “regioni autonome”. In compenso consente maggior autonomia alle regioni che presentano un bilancio positivo.
- L’art. 118 introduce a livello costituzionale i concetti di semplificazione e trasparenza dell’azione amministrativa

Sulle modifiche al Titolo V non ho grandi dubbi: trovo che siano corretti e mettano le premesse per mettere fine ad alcune situazioni il cui giudizio negativo è ormai ampiamente condiviso.
A mio parere molte cose mancano, piuttosto: dall’eliminazione delle regioni autonome ad una revisione della attuale e anacronistica suddivisione regionale (che senso hanno oggi Molise o Val d’Aosta?)…

Ma qui vengo meno a quello che avevo affermato in premessa: dobbiamo decidere sulla riforma che c’è, non su quella che avremmo voluto, e le uniche domande pertinenti sono:
- la riforma costituzionale proposta ci consegna un sistema parlamentare ed in generale un sistema di formazione delle leggi più efficiente e più efficace dell’attuale?
- la riforma costituzionale proposta ci consegna una regolamentazione dei rapporti tra Stato e regioni più chiaro, più equo, più efficiente dell’attuale?


Spero che questi spunti, ed il mio sforzo di semplificazione, vi siano utili per riflettere e decidere.


Se qualcuno vuole approfondire ancora ecco alcuni link utili.

Documento dei 5 costituzionalisti per il NO
Guida ragionata alla riforma - Guida corposa e completa di Carlo Fusaro
Articolo per il Corriere di Sabino Cassese
Una guida sintetica