lunedì 27 febbraio 2023

Elezioni in Lombardia - Crisi della democrazia e velocità

Elezioni in Lombardia - Crisi della democrazia e velocità Questa terza riflessione non si riferisce in particolare alle scorse elezioni regionali perché è più generale, ma è a mio parere molto importante. Parlo di velocità dei cambiamenti economici e sociali nel mondo globalizzato e della capacità di reazione decisionale delle democrazie rappresentative. E’ evidente che la globalizzazione sociale e economica e lo sviluppo di nuove tecnologie ha portato ad abbattere le barriere di tempo e spazio nelle decisionali e nelle azioni conseguenti, così come nel diffondersi dei comportamenti sociali, veicolati dalla rete e in particolare dai social network: i movimenti di capitali sono immediati, quelli delle merci molto più veloci che in passato, i modelli di lavoro e i comportamenti sociali si diffondono in tempi brevissimi da una parte all’altra del pianeta. La democrazia rappresentativa è una forma di governo complessa e faticosa, sottoposta a condizioni politiche e procedure codificate nei tempi e nei modi. In sintesi, la democrazia è lenta. Gli esempi potrebbero essere molti, basti pensare allo spostamento da un luogo all’altro di masse di denaro che potrebbero mettere in seria difficoltà un intero Paese, o al blocco di navi porta container con carichi alimentari necessari alla sopravvivenza di popolazioni, o al diffondersi di forme di protesta da un Paese all’altro nel giro di pochi giorni. Ho citato esempi drammatici per capirci meglio, ma ogni giorno ne accadono moltissimi meno rilevanti ma ugualmente pertinenti al concetto. Ebbene qualsiasi democrazia, anche se normalmente efficiente, è costretta a prendere atto, analizzare se e quanto la situazione debba essere oggetto di norme specifiche, e nel caso mettere in pratica il relativo percorso decisionale per arrivare ad un atto formale. Ovviamente, come è giusto, normative e interventi sono sottoposti a diversi livelli decisionali per poi essere sottoposti ai dovuti livelli di verifica e appello, oggetto di possibili livelli di ricorso. In sostanza una corsa ad “inseguire”. Non un governo dei fenomeni ma il tentativo di “aggiustare” processi già in atto, e nonostante l’ampio ricorso a decreti d’urgenza e simili (con relative rituali accuse di scavalcamento dei poteri del Parlamento) al termine del percorso l’oggetto della norma è già altrove e tutto il processo rischia di avere efficacia limitata. Un paio di esempi che chiariscono meglio il concetto: lo spostamento di sede da un paese all’altro di grandi gruppi industriali (che rappresentano pezzi rilevanti dei PIL nazionali) o le rapide mutazioni del mondo del lavoro (dall’avvento delle piattaforme online al home working) che lasciano milioni di lavoratori in un limbo senza tutele e senza regole. Non è un problema nuovo, perchè già riconosciuto nell’antica Roma, quando di fronte a situazioni di crisi si faceva ricorso alla nomina di un “dictator”, una persona con pieni poteri che durava in carica fino a quando non aveva svolto i compiti assegnati per poi uscire dalla propria carica. Un po’ il meccanismo cui assistiamo oggi con i governi “tecnici”, nominati nei casi di crisi di crisi che non trovano soluzioni parlamentari tradizionali. Negli ultimi anni il problema si sta rivelando come costante elemento di crisi delle democrazie rappresentative occidentali, sia in termini di efficacia che di autorevolezza del sistema, alimentando nei cittadini la sensazione che il mondo corra veloce mentre il sistema istituzionale è fermo o perlomeno in costante ritardo, alimentando il senso di impotenza, il disinteresse, o la ricerca di pericolose scorciatoie.

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