lunedì 27 febbraio 2023

Elezioni in Lombardia - Crisi della democrazia, labirinti istituzionali, globalizzazione

In questa quarta riflessione si parla di democrazia e confini: internazionali, nazionali, locali, di interdipendenze e condizionamenti, di percezione di questi da parte dei cittadini. Negli ultimi decenni si è arrivati a percepire che gran parte delle questioni cruciali che interrogano le democrazie occidentali sono di livello mondiale e non sono governabili a livello nazionale o locale. Basta accennare a temi come le disuguaglianze, il caos climatico, i progressi tecnologici, il mercato dei dati, il sistema finanziario e tanti altri ancora. Percepiamo il livello globale di questi temi, ma restiamo legati a “livelli cognitivi” nazionali e locali. Sono livelli inadeguati, lo sappiamo, ma la democrazia rappresentativa ci propone istituzioni a questi livelli. Il livello più adeguato ad affrontare sul piano istituzionale i temi globali non esiste e anzi, dopo gli sforzi successivi alla seconda guerra mondiale, il periodo d’oro della pianificazione internazionale, gli organismi che si muovono in questa direzione, dall’ ONU al WTO sono negli ultimi anni costantemente delegittimati. Di fatto tutti sperimentiamo ogni giorno la globalizzazione, ma questa procede per strade proprie, che solo in minima parte dipendono da decisioni politiche di qualcuno di specifico e riconoscibile. Il cambiamento climatico, il diffondersi di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, l’incremento delle disuguaglianze, ecc. non dipendono da una persona specifica. Determinano la vita di tutti ma non sono decisi da nessuno né governati da istituzioni democratiche. Ecco quindi che si assiste al paradosso di una politica istituzionale che governa poco ma che in compenso, poiché è l’unica istanza rappresentativa, è percepita come causa di tutti i mali. Per stare sul piano nazionale e locale, il labirinto istituzionale del nostro Paese ci propone di esprimerci per il parlamento europeo (che emanerà direttive su temi specifici e parziali, quelli che gli stati membri hanno delegato alla UE), per il parlamento italiano, per l’assemblea regionale, per il consiglio del comune e, nel caso di grandi città, per i consigli di zona del comune. Tutti questi livelli sono dipendenti l’uno dall’altro (per motivi finanziari, per direttive, norme e reciproci pareri cui attenersi). Anche a livello nazionale è di fatto impossibile stabilire i confini delle diverse competenze e responsabilità e infatti qualsiasi opera di rilevante interesse pubblico è sempre oggetto di imprimatur o di scaricabarile, a seconda dell’esito. E nessuno è in grado di stabilire i fatti senza essere smentito il giorno dopo. Anche qui, nel dubbio, è la democrazia con le sue istituzioni che paga il biglietto per tutti. Questo senso di impossibilità a cambiare il corso degli eventi è stato riscontrato appartenere anche agli uomini più potenti del mondo, non c’è quindi da stupirsi che questa mancanza di presa sul futuro investa tutti i cittadini, un senso di impotenza che può facilmente trasformarsi in rabbia. Quanto detto finora costituisce una delle diverse cause di crisi della democrazia rappresentativa (a livello globale e locale) che può presentarsi in diverse forme: dall’astensionismo (tanto votare non conta niente) all’indifferenza per le diverse persone che i partiti candidano (tanto sono tutti uguali), alla delegittimazione (meglio che la politica e lo stato stiano “fuori dalle balle”), a quel "odio vago di tutto e di tutti, senza oggetto definito... " (cit. Hanna Arendt) che può arrivare anche ad eventi eclatanti come l’assalto al parlamento degli USA, una delle democrazie più antiche e collaudate del mondo occidentale.

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